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…considerazioni di carattere generale di un forlivese di adozione.

La Basilica di Sant’Antonio a Padova, conosciuta dai padovani semplicemente come il Santo, Basilika_des_hl__Antonius

è la più importante chiesa della città e una delle più grandi e visitate al mondo. Non è comunque la cattedrale patavina, titolo che spetta al duomo. In essa sono custodite le reliquie di sant’Antonio di Padova.

La piazza antistante ospita lo splendido monumento equestre al Gattamelata di Donatello.

Donatello realizzò anche le sculture bronzee (Crocifisso della basilica del Santo, statue e formelle di varie dimensioni) che il Boito ha collocato sull’altare maggiore da lui progettato.

Storia

Il corpo del santo era stato sepolto, come da suo desiderio, nella chiesetta di Santa Maria Mater Domini, accanto al convento da lui fondato nel 1229. È questa chiesa il nucleo da cui parte la costruzione della Basilica che la ingloba come Cappella della Madonna Mora.

La costruzione della basilica comincia probabilmente già nel 1232, un anno dopo la morte di sant’Antonio da Padova, e si protrae fino al 1310.

Modifiche all’assetto della Basilica si prolungano fino al XV secolo, con un forte impulso dopo l’incendio e conseguente crollo di un campanile nel 1394. I lavori del XV secolo includono il rialzamento del deambulatorio e il riassetto del coro, con la costruzione di una nuova cortina.

Pietro Lombardo figlio di ser Martino da Carona, scultore e architetto, all’età di 29 anni nel 1464 è attivo nella Basilica del Santo ove scolpisce in stile rinascimentale il monumento di Antonio Roselli e nel 1467 la lapide sepolcrale di Jacopo Pavini.

Architettura

È caratterizzata da una perfetta armonizzazione di diversi stili: la facciata a capanna romanica; i contrafforti che si sviluppano fino a diventare archi rampanti che, in parallelo, scandiscono con regolarità lo spazio e le cupole in stile bizantino. I campanili richiamano, poi, quelli di San Marco a Venezia, ma è, del resto, tutto lo spazio coinvolto ad essere bizantino, con la mediazione di Venezia.

Il chiostro del Capitolo ospita interessanti tombe di docenti dell’Università di Padova, fra cui quelle di Bonjacopo Sanvito e Raniero degli Arsendi.

Interno

Altare maggiore

L’Altare di Sant’Antonio è l’altare maggiore della basilica di Sant’Antonio da Padova a Padova. Fu realizzato da Donatello tra il 1446 e il 1453, con un ricchissimo corredo scultoreo in bronzo, che comprende sette statue a tutto tondo, cinque rilievi maggiori e diciassette rilievi minori. L’opera oggi visibile non è però originale, essendo perduta la struttura architettonica originaria. La composizione attuale è frutto della ricostruzione ipotetica del 1895 di Camillo Boito.

Nell’altare maggiore Donatello realizzò sette statue a tutto tondo rappresentanti la Madonna col Bambino, i santi Francesco, Antonio, Giustina, Daniele, Ludovico e Prosdocimo.

Cappella delle Reliquie o del Tesoro

Padova,_basilica_del_santo,_cappella_delle_reliquie_01Opera dello scultore genovese Filippo Parodi (XVII secolo), contiene il tesoro della basilica, composto di numerose reliquie, tra cui sono degni di nota, per la devozione di cui sono oggetto e per la bellezza dei reliquiari, la reliquia del Mento di Sant’Antonio, e la Reliquia della Lingua incorrotta del Santo.

Sono presenti inoltre numerose preziose suppellettili liturgiche (calici, pissidi, patene, messali). In apposite teche di vetro sono esposti i resti della ricognizione del corpo del Santo effettuata nel gennaio 1981 (frammenti della tonaca del Santo, le casse in legno contenenti le ossa del Santo – poi ricomposte nella tomba in un’urna di vetro – , i drappi avvolgenti le casse, un’iscrizione del 1263 attestante la prima traslazione del corpo del Santo).

Cappella e Altare della Tomba

Sorge su una piattaforma posta sopra sette gradini. È opera di Tiziano Aspetti (1607, ed è caratterizzato da tre statue: quella di sant’Antonio al centro, affiancata da quella di san Bonaventura e di san Luigi di Tolona, che furono vescovi francescani.

Dietro all’altare, insistono nove bassorilievi in marmo, opera di scultori diversi, tra cui Antonio Minello, Giovanni Rubino, Silvio Cosini, Danese Cattaneo, Girolamo Campagna, Jacopo Sansovino, Tullio Lombardo, Giovanni Maria Mosca, Pier Paolo Stella, e comunque cronologicamente collocabili nel XVI secolo.

Cappella di San Felice

800px-Altichiero,_crocefissione,_basilica_del_santo,_cappella_di_san_felice,_padova,_1376_circaLa Crocifissione

Il primo capolavoro che ci sia pervenuto di Altichiero, personalità di spicco nella pittura italiana del secondo Trecento, sono gli affreschi cappella di San Felice della Basilica del Santo, dove Altichiero dipinse le Storie di San Giacomo, in collaborazione con il bolognese Jacopo Avanzo, e, da solo, la maestosa Crocifissione, tra il 1376 e il 1379, su commissione di Bonifacio Lupi marchese di Soragna.

La Crocifissione è dipinta da tre arcate, ma le diverse scene sono trattate come un unico spazio. Al centro la Croce, isolata in alto e contornata da angeli, ricorda il medesimo soggetto di Giotto nella Cappella degli Scrovegni, al pari del gruppo delle pie donne.

Ma straordinario è il dispiegarsi della folla attorno al Golgota, con un campionario di stati d’animo e di scene di vita quotidiana che non ha paragoni in un soggetto del genere: soldati indifferenti, passanti, spettatori incuriositi o inconsapevoli, madri coi bambini alla mano, persone che commentano… e poi le scene secondarie, come quella degli sgherri che rientrano in città, o quella delle vesti tirate a sorte, il tutto con una tale vividezza che are di trovarsi di fronte ad un vivido spaccato di una piazza trecentesca, con un’amplissima gamma di tipi umani e di atteggiamenti emotivi.

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